Il cancro alle ovaie secondo i dati riportati nel rapporto di AIRTUM e AIOM “I Numeri del Cancro in Italia, 2020” colpisce circa 5.200 donne ogni anno. Si posiziona al decimo posto tra le forme tumorali più diffuse e rappresenta infatti il 3% della diagnosi tumorale, con 40% di possibilità di sopravvivenza a 5 anni. L’alta mortalità è dovuta al fatto che spesso questa malattia viene diagnosticata quando si trova già in una fase avanzata e questo rende più difficile la cura. Nonostante questo si vede una diminuzione del tasso di mortalità proprio per gli sforzi fatti dai ricercatori sul fronte della prevenzione.
Il tumore dell’ovaio colpisce appunto le ovaie, organi femminili disposti uno a sinistra e uno a destra, collegati tra di loro grazie alle tube di Falloppio. Il loro scopo è quello di produrre sia gli ovociti, sia gli ormoni sessuali femminili. Sono loro che ogni mese producono l’ovocita che, se non fecondato, ecco che si sfalda provocando la mestruazione.
Come tutte le forme tumorali, anche quella che colpisce le ovaie è dovuta dalla proliferazione incontrollata delle cellule che lo compongono. In questo caso specifico però a impazzire sembrano essere soprattutto le cellule epiteliali e non quelle che si occupano di produrre gli ovuli. Le altre in ordine di possibilità che facciano nascere un tumore sono le cellule germinali e quelle stromali.
Nella maggior parte dei casi il tumore alle ovaie si presenta in una fascia di età compresa tra i 50 e i 70 anni circa. Ciò non significa però che donne più giovani sono completamente salve, anche se comunque il rischio è minore in età fertile rispetto a quando si entra in menopausa. Vediamo però adesso nello specifico quali possono essere le cause e i fattori di rischio.
Abbiamo visto che l’età è importante quando si parla di tumore alle ovaie. Si manifesta infatti soprattutto tra i 50 e i 70 anni. Però non è l’età anagrafica l’unica cosa che incide. E’ molto importante la lunghezza complessiva del periodo ovulatorio, cioè gli anni che corrono dalla prima all’ultima mestruazione. Sembra infatti che siano maggiormente a rischio le donne che hanno avuto una prima mestruazione in un’età piuttosto precoce e una menopausa invece in età tardiva.
Inoltre altro fattore di rischio che non deve essere sottovalutato è il fatto di non aver avuto figli. Di contro l’aver avuto più figli e averli allattati riduce notevolmente il rischio che compaia e sono considerati fattori protettivi.
Il terzo fattore di rischio importante riguarda i geni e le loro mutazioni ereditarie. I geni coinvolti in questo caso sono il BRCA1 e il BRCA2. E’ stata fatta un’analisi a riguardo da parte dell’ESMO (Società europea di oncologia medica) ed è stato dimostrato che tra il 6 e il 25% dei tumori dell’ovaio hanno appunto una mutazione dei geni. Tali mutazioni aumentano anche il rischio, spesso contemporaneo, di tumori sia all’ovaio che alla mammella. In questo caso è più facile che si presenti anche in età giovanile.
C’è il discorso della famigliarità. Quando in una stessa famiglia molte donne hanno avuto casi di tumore all’ovaio o alla mammella, allora è consigliato a livello preventivo una consulenza genetica. Se venisse confermata la diagnosi che la donna è portatrice di tali mutazione è consigliato seguire un programma di sorveglianza per prendere eventualmente in tempo il tumore. Però non è assolutamente detto che il tumore si manifesti nelle parenti.
Da una parte questi sono fattori su cui si ha scarsa possibilità di intervento, meno sul discorso figli, i quali però non dovrebbero essere messi al mondo per una questione di prevenzione dalle malattie. Resta però fermo il punto che ci sono altre possibili cause scatenanti, pur considerando che come tutti i tumori di solito si contano più di un evento scatenante:
A differenza di altri tumori, non ci sono sintomi nelle fasi iniziali. Questo rende difficile una diagnosdi precoce. Nonostante questo alcuni indicatori precoci, i quali però sono piuttosto comuni anche in condizioni non patologiche o per malattie più lievi, possono essere per esempio il meteorismo, l’addome gonfio e un bisogno frequente di urinare.
Altri sintomi potrebbe essere un dolore addominale e pelvico, perdite di sangue a livello vaginale fuori dal ciclo mestruale, diarrea e stipsi, sensazione di continua stanchezza. Successivamente, nelle fasi più avanzate, i sintomi sono la nausea, una perdita di appetito e anche un senso di pienezza.
Ciò nonostante questi non possono essere considerati veri e propri campanelli d’allarme in quanto sono sintomi eccessivamente generici, molto più spesso causati da altri tipi di disturbi. Potrebbero aver invece una maggior rilevanza quando compaiono tutti insieme o in sequenza rapida in modo improvviso. In questo caso la cosa più opportuna è rivolgersi prontamente al medico.
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