La speranza generale è quella che il Covid19 un giorno sparisca e ci permetta di tornare alla vita di sempre. Dall’altra, guardando in faccia la realtà, ci rendiamo di conto che è un virus arrivato per restare. Lo dimostra anche il fatto che già si parla di future diagnosi per riconoscerlo.
Il futuro prevede infatti controlli di routine relativi al Covid e questo di certo non fa pensare al fatto che, secondo gli esperti, sparisca un giorno. Dove all’ingresso degli stadi, delle scuole, degli aeroporti e in tanti altri posti occorrerà sottoporsi a controlli rapidi e meno invasivi. Si parla già di un test rapido del respiro per diagnosticare il Covid e un esame del sangue per il long Covid.
Per la diagnosti del Covid19 basta il breath test, cioè il test del respiro. Attualmente non è ancora disponibile ma sono tante le compagnie specializzate che stanno lavorando su questo. In questo modo è possibile effettuare un screening velocemente.
Tutto ciò che c’è da fare è respirare alcune volte all’interno di un tubo sterile, con il naso rigorosamente tappato da una molletta. Sicuramente è meno fastidioso rispetto a farsi prelevare il muco dalle narici con il lungo cotton fioc fino a oggi utilizzato.
Sono diverse le aziende che hanno chiesto l’autorizzazione per il loro test sul respiro e infatti vengono già usati in ambiti ristretti. Tale metodo si basa sul fatto che un malattia come il Covid-19 altera alcuni processi come quello metabolico, digestivo etc. Ciò porta a modificare gli equilibri dei VOCs (Volatile Organic Compounds) e rendere quindi facile da riconoscere il virus.
Si tratta di un campo di studio non troppo giovane in verità. Sono già 20 anni che diversi ricercatori stanno cercando di affinare questo tipo di test. Da una parte sappiamo che viene usato per il diabete ma, come ha spiegato bene il New York Times recentemente, lo scopo è arrivare per esempio a individuare anche il tumore ai polmoni, così come altre malattie che riguardano per esempio l’intestino, il fegato, la tubercolosi e l’asma.
Attualmente esistono degli algoritmi che permettono di apprendere in modo automatico una serie di dati provenienti da tanti pazienti, così da riconoscere qual è l’andamento caratteristico del respiro. Già all’inizio della pandemia, cioè a marzo 2020, alcuni ricercatori della Loughborough University hanno pubblicato su Lancet i risultati di un’analisi condotta su 98 persone che avevano sintomi compatibili con quelli del covid.
Di queste 98 erano 31 le persone positive mentre le altre avevano problemi diversi, come polmoniti batteriche o asma. I positivi di Covid19 hanno dimostrato di avere nell’aria espirata livelli di aldeidi molto più alti. Gli aldeidi sono composti chimici che vengono prodotti dalle cellule e dai tessuti che sono stati danneggiati dalle infiammazioni. Erano presenti anche i chetoni, prodotti quando il pancreas è danneggiato, perciò questo fa sospettare che il virus possa intervenire negativamente anche su questo organo. Infine i livelli più bassi di metanolo hanno fatto sospettare che il virus possa provocare un’infiammazione sul sistema gastrointestinale.
Nonostante gli studi condotti finora fanno pensare a un test piuttosto efficace per lo sceening del Covid19, c’è sempre un tasso elevato di falsi positivi. Finora secondo una ricerca condotta da SpiroNose su 4.510 individui presi in esame, sono stati individuati il 98% dei positivi, tra cui molti asintomatici. Però erano diversi i falsi negativi così come i falsi positivi. Ecco perché per il momento occorre in caso di dubbio confermare con il tampone nasale.
Sembra che alcuni comportamenti possano interferire infatti sul responso e rendere meno affidabile il test del respiro. Come per esempio il fumo di sigaretta, l’alcol e alcuni tipi di cibi ingeriti. Infine non esistono livelli standard da prendere in considerazione di persone in salute perché significherebbe analizzare il respiro di decine di migliaia di persone.
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