La distimia è sostanzialmente un disturbo dell’umore, una forma di depressione cronica che dura almeno due anni (un solo anno in bambini e adolescenti), quindi per tutta la durata si presentano quotidianamente gli stessi sintomi, se non per brevi interruzioni. Nel tempo lo stato depressivo può restare equilibrato e non sfociare in disturbo depressivo più grave. Questa patologia psicologica è meno acuta e meno grave rispetto ad altre tipologie, tuttavia la sua condizione cronica fa sì che non venga subito individuata e che la persona sottovaluti il suo stato depressivo, quindi è facile non si prendano provvedimenti, se non solo dopo molto tempo. La distinzione rispetto alla depressione è che la sintomatologia è meno grave, anche se la malattia ha una durata maggiore.
Il DSM, ovvero il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, è la raccolta ufficiale medica di tutte le caratteristiche delle patologie legate alla psiche e alla mente. Se inizialmente la distimia era un capitolo a parte, dal 2013 è incluso in quello della depressione, come sottotipo, per la somiglianza di molti sintomi.
La distimia è una malattia che non si manifesta ugualmente in tutti i soggetti tuttavia ha delle caratteristiche ricorrenti e tipiche, quali: una mancanza di motivazione, un livello di energia basso, scarsa autostima, tristezza. Se più intensa la patologia può portare i soggetti ad allontanarsi da tutte le situazioni di stress senza mai affrontarle e a rinunciare subito ad ogni opportunità per paura di un fallimento.
Il disagio coinvolge tutti i piani relazionali della vita di una persona: quello lavorativo, sociale famigliare e quello interpersonale. Il paziente distimico ha un lavoro e dei rapporti sociali, ma vi si trova quasi costretto, si sforza notevolmente di fare cose che invece sono del tutto normali; questa non totale assenza di rapporti rende ancora più difficile la diagnosi della malattia.
L’atteggiamento della persona è sempre cupo e abbattuto, il soggetto è taciturno e diventa spesso fastidioso per il prossimo che non comprende questo tipo di atteggiamento. Le cause di questo comportamento non sono ben chiare nemmeno alla persona malata stessa, tuttavia chiedere aiuto diventa un ostacolo quasi insormontabile. La situazione va sempre più peggiorando con l’isolamento e il fastidio che crea negli altri, l’insicurezza diventa presto auto-percezione negativa di sé, rassegnazione.
Le cause della distimia sono solitamente classificate in tre categorie di influenza:
La malattia distimica può presentarsi sin dall’adolescenza o prima, ma non viene sempre diagnosticata in tempo e quindi, in questi casi, può capitare che alla distimia si associno psicopatologie più gravi come la depressione maggiore, l’ansia, l’abuso di sostanze, disturbi alimentari e disturbi della personalità, che possono così evidenziare la presenza della malattia. La situazione può peggiorare ed evolvere in casi gravi in depressione se la persona si sente senza speranza, vuota, offesa, avversa a tutto, sola e se intervengono manie suicide.
La distimia colpisce l’1,5% della popolazione mondiale e perloiù le donne. La guarigione può esserci ma occorrono una terapia psicologica adeguata, associata a farmaci antidepressivi e una volontà di collaborazione del paziente.
I disturbi dell’umore si curano con una psicoterapia cognitivo-comportamentale e con una psicoeducazione: lo scopo è quello di far prendere coscienza al paziente dei suoi sintomi e di insegnargli a dominarli. In parte la terapia prevede una discussione in studio, in parte si tratta di un esecuzione terapeutica a casa e che richiede quindi partecipazione e coinvolgimento del paziente. La psicoeducazione è utile proprio in questa fase e consiste nell’educazione dei famigliari sul comportamento da adottare nei confronti della persona malata.
I farmaci antidepressivi utilizzati per la cura della distimia sono: inibitori della ricaptazione della seratonina (la fluoxetina, la fluvoxamina, la paroxetina), quelli che comprendono oltre alla seratonina la norepinefrina (la duloxetina, la venlafaxina), i farmaci antidepressivi triciclici (la clomipramina, l’imipramina). L’assunzione, come l’interruzione, va decisa e monitorata dal medico.
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