Epatite B

Con il termine epatite B, si vuole indicare una patologia di origine infettiva importante, che attacca il fegato. Il virus che determina tale patologia appartiene alla famiglia della Hepadnaviridae. Anticamente la malattia era conosciuta come “epatite da siero”, ed oggi purtroppo, è ancora la principale causa di epidemie in Africa ed in Asia.

Sintomatologia e contagio

I sintomi che si manifestano in presenza di epatite B sono molto vari, e cambiano in base alla natura, infatti quando questa si manifesta in forma acuta, la persona affetta, lamenta malessere generale, nausea, vomito, dolore muscolari persistenti, perdita dell’appetito con conseguente calo corporale, minzione di colore scuro e febbre. Tali sintomi, non sono altro che l’anticamera di un’altra patologia, ovvero l’ittero, che si manifesta a causa di un forte aumento della bilirubina presente nel circolo sanguigno.

Attualmente la ricerca ha evidenziato, che un altro sintomo, il prurito persistente in alcune zone del corpo, si manifesta in tutte le forme di epatite. Se la patologia non viene trattata tempestivamente, e se il soggetto colpito ha altre patologie, è possibile che il fegato presenti ulteriori problemi da non sottovalutare, uno di questi è l’insufficienza epatica fulminante, che una volta manifestata, conduce il malto alla morte, mentre è possibile, che le epatite B si manifestino in assenza di sintomi, per questo non viene riconosciuta agli esordi, ma dal paziente mediante semplici accertamenti che non hanno nulla a che vedere con la patologia.

Le epatite B possono essere associate alle epatite in forma cronica del fegato, che se non curate nella maniera adeguata, possono divenire cirrosi, anche a distanza di diversi anni. Se il malato è affetto da carcinoma epatocellulare, l’infezione da epatite B può aumentare in maniera drammatica e determinare il coma del paziente fino a condurlo alla morte.

Il contagio da epatite B avviene mediante contatto diretto con il sangue di una persona infetta, oppure attraverso il liquido seminale o ancora con le secrezioni vaginali. La causa principale della diffusione delle epatite B, sono i rapporti sessuali non protetti, oppure mediante scambio di siringhe tra i tossicodipendenti, o semplicemente del rasoi da barba. Purtroppo, contrarre le epatite B è molto semplice, specialmente se non si rispettano le norme igieniche in luoghi come gli studi dei tatuatori, dove per mancanza del cambio degli aghi, moltissimi persone hanno contratto la patologia, oppure a causa della strumentazione non adeguatamente sterilizzata e quindi contaminata con del sangue infetto. Un rischio molto elevato che non possiamo non citare, è la trasmissione delle epatite B da madre infetta, al feto.

Prevenzione e trattamento

Una forma molto efficacie per limitare la scambio dei fluidi corporei, ovvero sperma e liquidi vaginale, al fine di non contrarre le epatite B, è l’utilizzo dei profilattici durante i rapporti sessuali, sia vaginali, che orali o anali. Consigliamo di evitare i rapporti drammatici, ovvero quelli anali, e sottoporsi alla vaccinazione contro le epatite B, che ormai è obbligatoria nel nostro paese del 1991 per i nuovi nati, ed anche per gli adolescenti che hanno compiuto 12 anni.

La vaccinazione è molto importante, ed è rivolta a tutti, specialmente a coloro che hanno una vita sessuale intensa, ed un metodo del tutto gratuito, che si può eseguire nel centro ASL del vostro territorio, oppure semplicemente ricercando quello più vicino indicato dal Ministero della Salute, specie per i soggetti a rischio, ed è indicato a tutti i famigliari che hanno un partner, o un parente stretto, portatore sano di epatite B.

Se state organizzando un viaggio di piacere o di lavoro in paesi dove l’incidenza di tale patologia è molto elevata, oppure se avete contatti ristretti con malati di epatite B o con sangue infetto, la vaccinazione deve essere d’obbligo, in maniera tal da poter evitare il contagio e la trasmissione ad altre persone.

Purtroppo attualmente la medicina non ha a disposizione un trattamento farmacologico mirato a debellate il virus delle epatite B, per questo, la cosa migliore che tutti noi possiamo fare per evitare il contagio,è quella di combattere la malattia mediante una prevenzione accurata.

In caso di sospetto di contagio delle epatite B, bisogna contattare tempestivamente il proprio medico curante oppure il primo soccorso più vicino, che dopo una controllo adeguato e tutti i test per comprendere se realmente si è stati infettati, il personale medico somministrerà un trattamento farmacologico a base di immunoglobuline specifiche entro e non oltre le prime 24 ore dal contagio, ed insieme verrà somministrata anche la vaccinazione, in maniera tale da evitare che l’infezione si sviluppi e vada ad intaccare il fegato. Una volta contratte le epatite B, bisogna osservare sistematicamente la progressione della patologia, sottoponendosi ad un monitoraggio per la sintomatologia di danno epatico.

Se il malato non mostra alcun sintomo, con molta probabilità il personale medico non prescriverà alcun trattamento farmacologico, ma in caso contrario, è possibili che vengano richiesti farmaci antivirali ed immunostimolanti, anche se purtroppo non sempre sono in grado di combattere l’infezione.

Alimentazione

In presenza di epatite B, il malato deve seguire scrupolosamente alcuni indicazioni alimentari, ora vedremo insieme quali:

1. In caso di consumo di alcol, questo deve essere eliminato della dieta. L’alcol nuoce direttamente all’organo epatico e compromette le funzionalità della vitamina B1, ovvero la sola ed unica vitamina che l’organismo umano non è in grado di immagazzinare.
2. Vietata l’assunzione di farmaci integratori alimentari quando non sono necessari.
3. Eliminare il consumo di alimenti non salutari, ovvero di di snack salati e dolci, patatine fritte, frittelle, crocchette, hamburger e tutti i prodotti da fast-food, comprese le bevande gassate dolci e non, il caffè, la crema di latte, i dolcificanti e gli alimenti detti spazzatura, che sono ricchissimi di grassi saturi o idrogenati e che contengono inoltre saccarosio, fruttosio, maltosio ed additivi come coloranti, esaltatori di sapidità, conservanti e tossine tipiche della cottura intensa, come l’acrilamide, il formaldeide, l’acroleina ed i policiclici aromatici.
4. Prediligere il consumo di alimenti freschi anche congelati, o grezzi rispetto al cibo raffinato. Moltissimi processi industriali, come ad esempio la sbiancatura, e la privazione della cresca nella farina, oppure la miscelazione di carne e pesce, ed altri ingredienti per la realizzazione di prodotti insaccati o crocchette, utilizzano sistemi chimico fisici, che tendono ad impoverire l’alimento. In alcuni casi, alcuni nutrienti molto importanti per il nostro organismo come ad esempio le fibre, oppure le vitamine ed i minerali, si riducono anche dell’80% tramite lavorazione industriale. Ricordiamo inoltre, che l’introduzione delle vitamine mediante l’alimentazione, sono fattori coenzimatici molto importanti per i processi cellulari, e che il nostro fegato, possiede uno dei tessuti più specializzati che si trova nel nostro apparato. Nel fegato ci sono anche delle riserve vitaminiche importanti, ma in caso di compromissione delle funzionalità, non ottempera nella maniera corretta a tali funzioni, proprio per questo, che l’alimentazione deve essere corretta e ricchissima di questi nutrienti, in maniera tale da supportare la meglio tutte le necessità dell’organismo.
5. Vietato consumare pasti troppo abbondanti e nutrienti, perché l’eccesso energetico, ovvero ricco di carboidrati, grassi e proteine, determina un sovraccarico delle funzionalità del fegato, per questo, è molto importante ridurre il quantitativo dei pasti ed aumentare il numero del consumo.
6. Non restare per un lungo periodo a digiuno, ovvero non oltre le 14 ore, perché l’organo, è il responsabile dell’omeostasi glicemica, pertanto in caso di scorretto funzionamento, l’equilibrio glicemico potrebbe compromettersi ulteriormente. Tentando di mantenere il valore glicemico nella norma, mediante la neogluvcogenesi, ovvero la produzione di glucosio da amminoacidi, l’organo si potrebbe trovare un lavoro ancora più elevato, ed in pratica, non è detto che un fegato che mostra epatite B, sia in grado di svolgere nella maniera corretta anche questa funzione.

Epatite neonatale

Con il termine epatite B neonatale, si vuole indicare una infiammazione del fegato che si manifesta nella prima infanzia, ovvero dopo circa 2 mesi dalla nascita. Una percentuale pari al 20% dei neonati affetti da tale malattia, sono stati infettati dal virus ancor prima della nascita, da parte della madre o subito dopo il parto. Attualmente anche l’ipotiroidismo congenito sembra essere implicato nell’epatite neonatale, anche se la diagnosi di epatite b nel neonato, sembra mostrare ancora delle difficoltà.

Un neonato colpito da epatite B neonatale, generalmente non aumenta di peso e non cresce di altezza in maniera normale, ed inoltre manifesta ittero, che compare dopo uno e due mesi dalla nascita, con ingrossamento, sia del fegato che della milza, e mostra feci molto chiare ed urine scure, irritabilità, prurito, letargia, facilità nello sviluppare lividi e distensione addominale causata da ipertensione portale.

In assenza di una causa virale vera propria a seguito degli esami del sangue, il piccolo dovrà essere sottoposto alla biopsia epatica, che nella maggior parte dei casi, una volta eseguita, mostra la presenza di cellule dalle dimensioni grandi, caratterizzate da circa 5 cellule epatiche aggregate, che formano in questa maniera una cellula unica con dimensioni fuori dalla norma, ancora in funzione ma meno rispetto ad una cellula epatica normale. Questa forma di epatite B neonatale, prende il nome di epatite a cellule giganti.

La sintomatologia delle epatite B neonatali, è simili a quella che si manifesta in presenza di altre patologie legate al fegato, come ad esempio l’atresia biliare, dove è presente anche qui l’ittero ed ingrossamento dell’organo, ma con un normale sviluppo del bambino ed anche delle dimensioni della milza.

Quando a determinare le epatite neonatale è il citomegalovirus, oppure il virus della rosolia, c’è il rischio che si possa manifestare anche infezione cerebrale, che a sua volta può determinare paralisi cerebrale e ritardo mentale. In casi molto gravi, ovvero nel 20% dei bambini affetti da epatite B neonatale, si può sviluppare la malattia epatica cronica, causata dalla distruzione delle cellule dell’organo che degenera in cirrosi. In questo caso, il fegato diventa duro, e l’ittero ha una durata di circa 6 mesi dalla nascita del bambino, ed essendo un caso particolarmente grave, è necessario intervenire con il trapianto del fegato.

A causa dell’ostruzione biliare e del danno verso le cellule epatiche, l’apparato del bambino non è più in grado di digerire i grassi e di assorbire le vitamine A,D,E e K. Con la carenza della vitamina A, si altera di conseguenza la vista ed il normale sviluppo, mentre con la carenza di vitamina D, vengono alterate lo sviluppo delle ossa e delle cartilagini, mentre in mancanza di vita E , si manifesterà scarsa coordinazione dei movimenti ed in assenza di vitamina K, il malato tende a scottarsi con più facilità ed a sanguinare altrettanto facilmente. Con l’epatite neonatale cronica, l’apparato del piccolo non è in grado di eliminare le tossine da parte del fegato verso la bile, per questo si manifesta prurito, irritabilità ed eruzione cutanea.

Una petrcentuale pari all’80% dei malati di epatite neonatale a cellule giganti, guarisce senza che si sviluppino cicatrici epatiche, ed una volta che il flusso biliare si ristabilisce, si può assistere alla ripresa della crescita, grazie al normale assorbimento di tutte le vitamine necessarie all’organismo.

Epatite B cronica

L’epatite B cronica si manifesta quando l’Antigene Australia, l’HBsAg, è presente nel corpo per un periodo superiore ai 6 mesi. Ciò che porta l’antigene a restare così tanto nel corpo e quindi a far cronicizzare la patologia è la giovane età del paziente colpito oppure, un deficit delle condizioni immunitarie.

Un soggetto adulto e in buona salute, il cui sistema immunitario lavora in modo efficacie, difficilmente va incontro all’epatite B cronica. Il rischio secondo gli esperti è inferiore al 5%. Un rischio superiore invece, lo corrono le persone immunodepressi a causa di un trapianto oppure dalla chemioterapia, per fare due degli esempi più comuni.

Un sistema immunitario che lavora male, può non riuscire a eliminare il virus. Ecco che il rischio per loro è decisamente superiore.

Il secondo fattore di rischio è dato dall’età. I bambini piccoli infatti hanno un sistema immunitario molto immaturo e non riescono a combattere tutti i nemici. Ecco che il neonato che contrae l’epatite B, rischia fino al 90% dei casi di arrivare nella forma cronica. I bambini invece, circa il 30-40% dei casi.

Epatite B, il contagio può avvenire attraverso la saliva?

Un dubbio piuttosto ricorrente è quello se il contagio di epatite B può avvenire attraverso la saliva. Come per esempio nel caso del bacio profondo o bere dallo stesso bicchiere.

Il contagio non può avvenire attraverso la saliva perciò, non avviene baciandosi o bevendo dallo stesso bicchiere. Come abbiamo già avuto modo di approfondire nel paragrafo dedicato ai sintomi e il contagio, solo il sangue, il liquido seminale e la secrezione vaginale può portare alla trasmissione del virus HBV.

Tuttavia è vero anche che la saliva può presentare delle tracce del virus. Il contagio attraverso saliva infetta può manifestarsi quando entra in contatto con una lesione della persona sana.

Il periodo d’incubazione 

Il periodo d’incubazione dell’epatite B è solitamente indicato tra i 45 e i 180 giorni. Vale a dire che, tra 1 mese e mezzo e 6 mesi dal momento del contagio, i sintomi possono non manifestarsi. In ogni caso i medici fanno sapere che, nonostante questo tempo minimo e massimo, il periodo d’incubazione ha una durata media tra i 60 e i 90 giorni.

In gravidanza e durante l’allattamento

L’epatite B in gravidanza non deve essere sottovalutata. Questa infezione infatti, può essere trasmessa da madre a figlio e, come abbiamo visto, per i neonati il rischio che il virus si cronicizzi è del 90% circa.

Nonostante i rischi, ricordiamo che esistono vaccinazioni e trattamenti per il piccolo che consentono di evitare questa situazione. Senza vaccino c’è un alto rischio di andare incontro all’epatite B cronica, la quale può causare serissimi problemi. Danni al fegato, cancro al fegato e anche la morte.

Quasi ogni caso di epatite B per fortuna può essere evitato se vengono subito fatte le iniezioni necessarie nei tempi previsti. Ecco perché occorrono subito dei controlli. Questo virus ai neonati di solito non da sintomi, almeno finché non diventa cronico.

Per quanto riguarda l’epatite B e l’allattamento al seno invece? In questo caso non ci sono particolari controindicazioni quando la mamma è una portatrice sana oppure ha una forma cronica, purché il neonato da bambino venga subito vaccinato, oltre che riceva le immunoglobuline specifiche, cioè gli anticorpi.

I pericoli dell’epatite B

Il pericolo dell’epatite b acuta è che diventi cronica. Il 90% degli adulti con un sistema immunitario sano riescono però a debellare il virus nel giro di sei mesi e delle volte, possono non accorgersi neanche di averlo perché presente nella sua forma asintomatica. Abbiamo già visto che neonati e bambini corrono un rischio decisamente superiore che cronicizzi. I primi addirittura del 90% e la trasmissione più comune è quella da madre a figlio.

Rischi dell’epatite B cronica

L’epatite B cronica può portare a gravi complicazioni. Può ad esempio cicatrizzarsi il fegato, si parla in questo caso di cirrosi. Queste cicatrici del fegato, causate dall’infiammazione, possono causare un serio deficit per quanto riguarda la capacità del fegato di svolgere le sue normali funzioni. La cirrosi non è causata solo da epatite B ma anche da epatite C, abuso di alcoli, ostruzione dei dotti biliari, malattia di Wilson etc.

L’epatite B cronica aumenta il rischio che si presenti il cancro al fegato. Può causare insufficienca epatica acuta, in pratica le funzioni vitali del fegato possono interrompersi. In questo caso l’unico modo per salvare la vita al paziente, è quello di procedere con il trapianto di fegato.

Come forse saprete, l’epatite D può essere contratta solo da chi soffre di un’infezione cronica di epatite B. Ecco perché la D, è una possibile complicazione. Nei paesi sviluppati è comunque piuttosto rara e quelli che corrono maggiormente il rischio sono i tossicodipendenti. Viene trasmessa come l’epatite B.

Può portare alla vasculite, cioè all’infiammazione dei vasi sanguigni, la quale a sua volta porta ad altre complicazioni. Tra i sintomi più comuni della vasculite troviamo la febbre, i dolori muscolari, la perdita di peso, l’affaticamento, la comparsa di macchie sulla pelle e l’inappetenza.

Infine l’epatite B può causare anche importanti problemi ai reni, compresa l’insufficienza renale. Maggiore è l’età della persona, minori sono le possibilità di riprendersi da questo problema.

Differenze tra epatite A, B e C

Tutti e tre i tipi interessano il fegato. Tuttavia si tratta di virus diversi, che portano a complicazioni molto diverse l’uno dall’altro.

L’epatite A si presenta a causa del virus HAV. Viene trasmesso attraverso cibi e bevande contaminati, ma anche attraverso le pratiche sessuali anali e orali. Di solito non vi sono sintomi e quando compaiono, possono essere pelle gialla, urina scura, dolore al fianco destro, vomito, nausea, feci chiare, affaticamento, febbre. Non può cronicizzarsi ma può avere un’evoluzione fulminante che porta alla morte. Si stima circa 2 persone ogni 1000 malate.

L’epatite B come abbiamo visto nel corso dell’articolo, è causato dal virus HBV. Può provocare seri danni quando cronicizza. Viene trasmesso attraverso sangue, sperma e secrezioni vaginali. In rari casi attraverso la saliva. Di solito non ci sono sintomi oppure, quando vi sono, sono gli stessi appena visti per l’epatite A e già ampiamente approfonditi nel paragrafo del presente articolo. Può avere un decorso fulminante e portare al coma e alla morte. Circa 1 caso su 1000 malati.

L’epatite C è causata dal virus HCV. Colpisce circa il 3% della popolazione. Nel 60-70% dei casi si cronicizza. Viene trasmesso principalmente attraverso il contatto del sangue e solo raramente attraverso i rapporti sessuali. Il rischio è dell’1% ogni anno, in una relazione sessuale.

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