L’epatite C è una malattia che colpisce principalmente il fegato e lo infiamma. A provocarlo è il virus HCV, un virus ad RNA trasmesso soprattutto quando una persona sana entra in contatto con il sangue di una persona infetta.
L’epatite C può colpire la persona in diverse forme. Nella maggior parte dei casi però è asintomatica. Se da una parte sembra un dato rassicurante, dall’altra molte persone non si accorgono di averla fino a quando non si fanno le analisi e questo lascia al virus la possibilità di agire indisturbato, aggravando un po’ alla volta la salute del fegato.
Il fegato può in questo modo arrivare a subire danni gravissimi che possono portare anche la persona ad aver bisogno di un trapianti di fegato nei casi più estremi.
L’epatite C cronica può anche portare a soffrire di cirrosi epatica oppure al tumore al fegato. Ecco perché occorre sempre mantenere la massima attenzione nei confronti dell’epatite C.
Il virus dell’epatite C è considerato il più pericoloso tra i virus che possono portare all’epatite, sia per via delle sue possibili ripercussioni gravi, sia perché non vi è un vaccino.
La principale forma di contagio è quella ematica, cioè quando si entra in contatto con il sangue infetto di una persona. La prima forma di trasfusione è quella della condivisione di aghi e siringhe, per questo si ritiene piuttosto comune tra chi si inietta droga per via endovenosa.
Rari, però non impossibili, i casi di infezione a causa di strumentazioni mediche o estetiche. E’ possibile prendere l’epatite C tatuandosi, sottoponendosi ad agopuntura, condividendo uno spazzolini da denti etc.
Anche le trasfusioni di sangue hanno rappresentato una possibile fonte di contagio, forse una delle più importanti in passato. Oggi invece grazie allo screening obbligatorio del sangue la trasmissione di epatite C a causa di una trasfusione vede il suo valore quasi a zero.
Può avvenire la trasmissione anche con il rapporto sessuale, per quanto sia poco frequente comunque questa possibilità. E’ più a rischio per esempio il rapporto anale, ma anche il rapporto durante il ciclo mestruale.
Un altro metodo di trasmissione è per via verticale, cioè da madre a figlio durante la gravidanza o il parto. Si parla comunque di un 5% del rischio.
Spesso l’epatite C è asintomatica, in particolar modo negli stadi iniziali. Non solo, anche successivamente può avere sintomi aspecifici che non permettono perciò di individuarla senza un’analisi del sangue.
Il periodo di incubazione medio è di 5-10 mesi ma può arrivare anche a sei mesi.
I suoi sintomi possono essere confusi tranquillamente con quelli di altre patologie e gli infetti spesso per molti anni o decenni non si rendono conto di averle, fino a quando non emergono dei danni al fegato.
L’infezione acuta è meno pericolosa e quaso si manifestano i sintomi questi sono: malessere generalizzato, debolezza, affaticamento fisico, febbre, alcuni disturbi addominali, poco appetito, dolori muscolari, impossibilità a bere alcol, ittero.
L’epatite C rappresenta un problema nel momento in cui si cronicizza l’infezine. Anche in questo caso possono non esserci dei sintomi per anni.
I primi sintomi possono essere uno stato di fatica e malessere generale e persistente, prurito in varie parti del corpo, ittero, vomito e nausea, leggera febbre e dolore addominale.
Per individuare con certezza un’infezione da HCV occorre individuare la presenza del virus nell’RNA. Altrimenti è possibile individuare gli anticorpi diretti che agiscono contro gli antigeni del virus.
Le analisi del sangue tradizionali invece solo in pochi casi permettono di individuare un problema al fegato, ma non nel modo specifico l’epatite C. Potrebbero infatti essere indice di altri problemi del fegato per il palesarsi delle alterazioni di alcuni enzimi epatici. Le più comuni sono quelle delle transaminasi alte. A quel punto il medico dovrà proseguire con le analisi per capire se è o no in corso un’infezione da epatite C. Se invece le funzionalità del fegato appaiono come gravemente compromesse, ecco che viene effettuata la biopsia epatica per capire qual è l’entità del danno.
A differenza dell’epatite A e dell’epatite B, a oggi non è presente un vaccino contro le epatite C. Questo perché le proteine superficiali del virus hanno una grande variabilità e nn è possibile perciò ottenere una protezione di anticorpi efficace.
All’incirca, il 30% delle persone che soffre di epatite C acuta guarisce completamente. E’ raro invece un decorso fulminante e perciò fatale delle epatite C nella sua fase acuta.
Il problema si manifesta quando vi è una cronicizzazione dell’epatite C, anche se può restare silenziosa per molti anni. Dopo circa 15-30 anni progredisce verso la cirrosi epatica.
Esistono diversi trattamenti per sconfiggere l’epatite C la buona notizia è che le persone affette quasi nel 60% dei casi guarisce. Ogni farmaco ovviamente ha percentuale più o meno alta di successo e permette in base al genotipo di avere una guarigione oppure no.
La cura tradizionale contro l’epatite C è il farmaco interferone, il quale deve essere iniettato settimanalmente, per 24 settimane, nella zona sottocutanea. Deve essere assunto insieme a ribavirina, un medicinale da prendere per via orale.
Se il primo trattamento non sortisce gli effetti sperati è possibile partire con un secondo ciclo. In alcuni casi è possibile indebolire abbastanza il virus, in altri invece viene eliminato completamente.
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