Quando si parla di alimentazione, i pericoli possono sorgere in molti modi. Da uno studio parrebbe, infatti, che il consumo prolungato di un determinato colorante porti a delle infiammazioni intestinali.
L’ambito alimentare continua a tenere banco. Abbiamo parlato molteplici volte del benessere che l’alimentazione conferisce al nostro organismo. Non sempre, però, i prodotti alimentari portano dei benefici al nostro corpo. Ci sono delle situazioni particolari e da attenzionare per evitare problemi di ogni tipo.
L’intestino è il nostro secondo organo più importante. Per tale ragione, l’alimentazione deve viaggiare in direzione che non faccia troppo male al nostro organo. Anche perché le infiammazioni intestinali possono davvero portare a problemi non di poco conto. Quindi, la ricerca dei prodotti deve essere sempre profondissima.
Può capitare di mangiare dei prodotti che fanno uso di coloranti. Una ricerca, eseguita sui topi, ha messo in luce il fatto che il consumo prolungato di un colorante porti a delle infiammazioni intestinali. Queste, poi, di conseguenza vanno a danneggiare la barriera di muco delle pareti dell’intestino. Insomma, a quanto pare le conseguenze sono davvero delicate. Lo studio è stato fornito dalla McMaster University e pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Quando svegliamo un prodotto da comprare, tendiamo a leggere l’etichetta. Proprio tra le informazioni potremmo trovare il colorante “rosso allura” segnalato come E129. Questo, secondo lo studio che ripetiamo è stato condotto sui topi, avrebbe rivelato un certo lato negativo sul nostro organismo. Questo, con uso prolungato, porterebbe a patologie infiammatorie dell’intestino.
Durante la ricerca, gli studiosi hanno osservato che la sostanza chimica che va a dare del rosso ai prodotti andrebbe a compromettere il normale svolgimento della barriera epiteliale. Il danneggiamento partirebbe dall’eccessiva produzione di serotonina. I suoi livelli alti e i livelli alti del neurotrasmettitore contenuto nell’intestino possono portare ad aumentare la composizione del microbiota. Di fatto, tale cambiamento porterebbe all’infiammazione cronica.
L’autore dello studio, Waliul Khan, ha sottolineato come il loro studio porti in evidenza i problemi causati dall’assunzione di questo colorante. Il fattore critico, come accennato in precedenza, sarebbe la serotonina contenuta nell’intestino e che ha il compito di mediare gli effetti. I risultati, continua il ricercatore, sono importanti anche in tema di prevenzione.
I dubbi sugli effetti di questo colorante non sono di oggi. Alcuni studi passati avevano rilevato che questo componente potesse portare anche ad allergie, disturbi immunitari, problemi comportamentali nei bambini tramite il deficit di attenzione e iperattività.
Dal nuovo studio, però, sembra che lo scenario attorno al colorante si faccia ancora più difficile. La complessità è data dal fatto che ora va a colpire un organo molto delicato, andando a mettere in atto delle infiammazioni. Questo dato, come detto, è stato evidenziato tramite i topi ma se ci dovesse essere la conferma tramite umani, allora questa sostanza potrebbe essere considerare, anche solo in parte, responsabile delle conseguenze negative date dalla dieta occidentale. Questa dieta mette in campo cibi processati e alimenti che hanno al loro interno dei coloranti.
Sempre dall’autore dello studio scopriamo come la dieta occidentale sia legata al consumo di prodotti con tanti additivi alimentari, grassi, carne rosse e zucchero. Al suo interno c’è una scarsa quantità di fibre. Tutto questo porta al generarsi di infiammazioni all’intestino.
Inoltre, come riportato dalla pagina healthdesk che riprendono le note conclusive dei ricercatori, vari studi hanno mostrato come alti livelli di additivi con gli ingredienti aggiuntivi durante il processo di lavorazione e i dolcificanti artificiali vadano ad alterare il microbioma intestinale. Di conseguenza, la permeabilità aumenta e lo spessore delle barriere del muco diminuisce. Cosa che porta ad aumentare il rischio di colite. Cosa che è stata dimostrata proprio tramite questo studio condotto sui topi.
L’articolo ha al suo interno informazioni di natura divulgativa e informativa. Queste non devono essere prese in alcun modo al posto della normale consulenza specialistica o medica. Sono dati riportati su riviste scientifiche che devono essere ancora confermati in ambito umano.
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