Il lavoro può innescare anche forme di ansia o depressione. Si è molto dibattuto se queste due forme siano da considerare per l’indennità di malattia. Ora, non ci sono più dubbi: ecco cosa ha sentenziato la cassazione.
Il lavoro può essere fautore di tante situazioni. Queste possono non essere positive. Per questo motivo c’è da sempre l’indennità di malattia. Questa era spesso legata alle malattie professionali e si è molto dibattuto sulla sua concessione in caso di ansia e depressione nati proprio per il lavoro.
La situazione di molti lavoratori è davvero al limite e la nascita di problemi di questo tipo non deve in alcun modo sorprendere. In merito si è pronunciata la Cassazione tramite un’ordinanza datata 11 ottobre 2022, numero 29611. La sentenza è andata proprio in direzione di indennità di malattia legata a forme di ansia o depressione nate proprio dal lavoro.
Quanto emerso dalla Cassazione potrebbe davvero rappresentare una svolta per molti lavoratori. La Corte, infatti, ha stabilito che tali problemi sono da considerare al pari delle malattie professionali. Ragion per cui, l’Inail deve riconoscere l’indennità di malattia a chi, tramite il lavoro, ha visto sorgere ansia o depressione.
Dal Testo Unico si apprende come le malattie psichiche possono essere legate al rischio lavorativo. Queste possono essere considerate sia per l’impiego nella sua essenza che per le modalità con cui questo viene svolto. Quindi sono da considerare al pari delle malattie nate da infortunio oppure sono semplicemente professionali.
Lo scorso ottobre è stata proprio la Corte di Cassazione a fugare ogni dubbio. Lo ha fatto tramite un caso specifico. In quella circostanza, un lavoratore ha iniziato a soffrire di depressione proprio per via del suo lavoro. Quindi, l’Inail ha riconosciuto l’indennità. In quella circostanza, però, il medico aveva certificato che la depressione fosse nata dal suo contesto lavorativo e non per altro. Ragion per cui ha chiamato in causa l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. A quel punto l’Inail si è attivata alla copertura perché non può distinguere tra malattia fisica o psichica.
A distanza di pochi giorni, un’altra situazione ha portato la Cassazione ad esprimersi. La Corte, con ordinanza numero 31514 ha confermato il diritto all’indennizzo anche per queste malattie psichiche. A patto, però, che siano generate dalle condizioni che il contesto lavorativo mette in campo. L’Inail, inoltre, prevede un indennizzo che si lega all’infortunio sul lavoro o malattia professionale che va fino alla completa guarigione. Per i primi 90 giorni, il dipendente vede riconosciuto il 60% della retribuzione.
Quando sul lavoro si verifica un evento morboso allora scatta l’indennità di malattia. Questo evento deve portare il dipendente a non poter svolgere momentaneamente il suo lavoro. Questa indennità si riferisce a moltissimi lavoratori: dal settore industriale, terziario, agricoltura, apprendisti, sospesi dal lavoro, dipendenti spettacolo, marittimi e iscritti alla gestione separata.
Per quanto riguarda l’importo, anche in questo caso ci sono delle fasce: fino al 50% della retribuzione media quotidiana per i primi 20 giorni; al 66,6% per i giorni successivi o in caso di ricaduta. In questo caso ci possono essere delle eccezioni. Ad esempio, per chi lavora in settori di esercizi pubblici si può arrivare all’80% della retribuzione durante la malattia. L’importo non è mai totale. Ci sono due quinti durante i periodi di ricovero se la persona interessata non ha famiglia a carico. Mentre due terzi in caso di disoccupazione o sospensione dal lavoro.
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